Tenho muita admiração pelo Krzysztof Charamsa.
Desejo-lhe as melhores felicidades para o seu livro, que vou ler com toda a
atenção. Penso que a igreja católica e o cristianismo em geral só têm a ganhar
com pessoas que, como ele, estão dispostas a problematizar as questões, despertar
as consciências e colocar-nos perante caminhos que o século XXI terá de
descobrir. Como homem que se identifica como homossexual e como «seguidor» da
figura que mais admiro e que mais me interpela todos os dias da minha vida
(Jesus Cristo), sinto que Krzysztof Charamsa tem muito para nos comunicar. Um grande agradecimento a ele pela sua
coragem e persistência!
Frederico Lourenço, 2016-06-29
L’AUTOBIOGRAFIA
L’ex monsignore gay Charamsa:
«Così mi sono ribellato alla Chiesa»
«Così mi sono ribellato alla Chiesa»
L’anticipazione in esclusiva di «La prima pietra» (Rizzoli), il libro in cui l’ex teologo del Sant’uffizio, racconta la storia del suo coming out e il confronto con la sua omosessualità in Vaticano
«Racconterò tutto in un libro» aveva detto Krzysztof Charamsa, teologo gay del Sant’Uffizio, all’indomani del coming out sul Corriere della Sera che a ottobre gli è costato l’abito talare e la carica di ufficiale della Congregazione per la Dottrina della fede. Quel libro, La prima pietra. Io, prete gay, e la mia ribellione all’ipocrisia della Chiesa, arriva giovedì sugli scaffali delle librerie italiane, edito da Rizzoli. «Un’autobiografia che sarà forse accusata di essere incentrata soltanto sull’esperienza della sessualità» la descrive ora dalle sue stesse pagine l’ex monsignore polacco 44enne.
Ma chi si aspetti aneddoti e particolari rischia di rimanere deluso. C’è un accenno all’incontro con Eduard Planas, l’uomo catalano con cui oggi condivide la vita a Barcellona e che è stato fondamentale per il suo coming out. «Lui — racconta — sapeva tutto quello che possono sapere gli amanti di una notte» e nient’altro: non che l’uomo che stringeva tra le braccia era un prete. «Però io non volevo più nascondermi. Ma perché desideravo svelarmi? — si chiede —. Non volevo perderlo, mi ero innamorato. E quella notte avevo visto Dio che mi amava, mi abbracciava, mi accettava».
Ma chi si aspetti aneddoti e particolari rischia di rimanere deluso. C’è un accenno all’incontro con Eduard Planas, l’uomo catalano con cui oggi condivide la vita a Barcellona e che è stato fondamentale per il suo coming out. «Lui — racconta — sapeva tutto quello che possono sapere gli amanti di una notte» e nient’altro: non che l’uomo che stringeva tra le braccia era un prete. «Però io non volevo più nascondermi. Ma perché desideravo svelarmi? — si chiede —. Non volevo perderlo, mi ero innamorato. E quella notte avevo visto Dio che mi amava, mi abbracciava, mi accettava».
La prima relazione omosessuale con un altro prete
C’è la descrizione del percorso che lì l’ha portato, a partire dalla sua prima storia con un uomo iniziata quando già aveva preso i voti: «Un prete italiano: si era innamorato di me e fece il suo coming out». Dichiarazione d’amore dapprima respinta da Charamsa con «paroloni su come ciascuno di noi porti dentro di sé le proprie difficoltà e sul fatto che tutto vada dominato con la forza della ragione». Per poi tornare sui suoi passi un mese dopo: «Questo uomo mi ha aperto a me stesso, ha innescato il processo della mia uscita dalla gabbia imposta dalla Chiesa, è stata la scintilla di cui avevo bisogno» scrive adesso l’ex monsignore di quella storia («la mia prima relazione omosessuale»).
La Chiesa cattolica e la sessualità
Ma c’è più di ogni altra cosa la testimonianza di un doloroso percorso intellettuale e spirituale per giungere ad accettare la propria omosessualità, che l’ha portato a una frattura insanabile con quella Chiesa in cui nutriva una fede incrollabile perché incrollabile era (ed è) la sua fede in Dio. Proprio perché il suo amore e la sua dedizione verso la Chiesa erano totali, ora è fortissima la rabbia per quello che Charamsa percepisce come un tradimento e come la «scoperta» che l’istituzione alla quale ha dedicato la vita era incompatibile con un aspetto centrale della sua persona. Anche per questo La prima pietra contiene parole durissime nei confronti della Chiesa e del suo clero, che non possono non ferire chi nutre un sentimento cattolico. «Questo libro — dichiara — è anche “la” biografia di una Chiesa, che domina le persone, le sottomette, inculca loro il senso di colpa e promette la salvezza. “Se pubblicamente rinuncerai alla tua sessualità, ti salverai”. Da cosa vorrebbe salvarmi? Dalla felicità di vivere, dalla serenità, dall’accettazione di me stesso, dalla tolleranza, dagli artisti gay, dai baci di Michelangelo?» chiede.
Le accuse al clero e al Sant’uffizio
Il suo diventa così un atto di accusa senza appello contro la dottrina cattolica della sessualità (etero e gay) e contro le gerarchie ecclesiastiche. Charamsa ne descrive gli atteggiamenti, compreso quello che definisce «l’odio verso papa Francesco» diffuso «nel Sant’uffizio», in termini tanto sconvolgenti quanto impossibili da verificare per il lettore. Fino a raccontare anche — dall’interno e con un mea culpa — la sua mancata denuncia di un prete che avrebbe abusato di un suo parente quando questi era adolescente.
Lo fa con toni inaccettabili per chi si riconosce nella Chiesa di Roma. Convinto di essere dalla parte (giusta) di Dio, che non ci possa essere conciliazione e che i molti — secondo le sue stime — omosessuali «buoni preti, dovrebbero abbandonare l’istituzione che si permette continuamente di offenderli». Forse è il suo limite più grande, perché gli impedisce di parlare a quella Chiesa di cui è comunque ancora figlio. E a cui molti fedeli chiedono oggi di confrontarsi con questi temi.
Lo fa con toni inaccettabili per chi si riconosce nella Chiesa di Roma. Convinto di essere dalla parte (giusta) di Dio, che non ci possa essere conciliazione e che i molti — secondo le sue stime — omosessuali «buoni preti, dovrebbero abbandonare l’istituzione che si permette continuamente di offenderli». Forse è il suo limite più grande, perché gli impedisce di parlare a quella Chiesa di cui è comunque ancora figlio. E a cui molti fedeli chiedono oggi di confrontarsi con questi temi.
'IGREJA É HOMOFÓBICA, CHEIA DE MEDO E ÓDIO', DIZ PADRE GAY AFASTADO PELO VATICANO
Sacerdote católico há 17 anos, o polonês Krysztof Charamsa, de 43 anos, causou alvoroço dentro e fora do Vaticano após se declarar homossexual e apresentar seu companheiro, o catalão Eduard Planas, em Roma. Para o anúncio, o padre escolheu uma data estratégica: dia 3, véspera do início do Sínodo de Bispos, reunião em que líderes da Igreja Católica discutem, até 24 de outubro, questões relacionadas à família. Em entrevista à BBC Brasil, ele defendeu o anúncio naquele momento por acreditar que "um sínodo que quer falar da família não pode excluir nenhum modelo familiar. Homossexuais, lésbicas e transexuais têm direito ao amor e a construir famílias". Charamsa também tornou público seu "Manifesto de liberação gay", no qual pede o fim da discriminação de pessoas homossexuais por parte da Igreja Católica. Após o anúncio, o padre Charamsa foi afastado de seu trabalho como funcionário da Congregação para a Doutrina da Fé (o antigo Santo Ofício, cuja função é promover e tutelar a doutrina da fé e da moral em todo o mundo católico), em que também era secretário-adjunto da Comissão Internacional Teológica. Além disso, foi demitido das duas universidades católicas em que dava aulas, em Roma. Apesar das consequências imediatas, afirma que sente aliviado. "Sou um padre gay e estou feliz em poder dizer isso abertamente", declara nesta entrevista, concedida em um hotel em Badalona, perto de Barcelona, na Espanha.
BBC Brasil – Após anunciar sua homossexualidade, o senhor tem recebido demonstrações de apoio e críticas. Como vê a repercussão da sua declaração?
Krysztof Charamsa – Por parte do Vaticano, a consequência foi automática. Perdi meu trabalho na Congregação e nas universidades pontifícias. Por outro lado, tenho recebido palavras de conforto, apoio, gratidão e relatos de pessoas que se sentem identificadas e liberadas com meu gesto. Admito que foi um gesto dramático, quase de desespero diante de uma igreja que considero homofóbica, cheia de medo e ódio. Eu vivi o pesadelo da homofobia da minha igreja.
BBC Brasil – Por que o senhor diz que a igreja é homofóbica?
Charamsa – Porque ainda não é capaz de encarar a realidade, não deu o passo dado pela medicina e leis de alguns Estados. Não há nada o que curar na homossexualidade, não é delito ser homossexual. Não se pode viver toda a vida no armário, numa quase esquizofrenia de não aceitação de si mesmo. Você não pode imaginar o sentimento de culpa de um gay crente! A mentalidade cristã fundiu em nós que ser homossexual é pecaminoso e diabólico.
BBC Brasil – Qual é o desafio da Igreja Católica para atrair esse coletivo?
Charamsa – A igreja não faz nada para atrair essas pessoas! Eu trabalhava na Congregação para a Doutrina da Fé, que preparou, de 1975 até hoje, quatro documentos sobre a homossexualidade. Todos se referem aos homossexuais em termos negativos, não à luz da ciência moderna. Os documentos dizem que todo desejo ou ato homossexual não é humano. Como se pode falar assim de uma grande comunidade que sempre existiu em cada época da história?
BBC Brasil – Quando o senhor decidiu que era o momento de dizer ao mundo que é gay?
Charamsa – Sair do armário é um processo difícil e longo, mas hoje vejo o quanto foi necessário e salvífico para mim, me fez feliz, me fez forte. Ao tomar essa decisão, pensei também nas pessoas que por anos vivem em um armário de medo e de ódio.
BBC Brasil – Por que resolveu fazer esse anúncio justo às vésperas do início do Sínodo de Bispos?
Charamsa – Eu queria chamar a atenção da minha igreja que um sínodo que quer falar da família não pode excluir nenhum modelo familiar. Homossexuais, lésbicas e transexuais têm direito ao amor e a construir famílias. Mas até agora o assunto foi marginalizado e estigmatizado.
BBC Brasil – O sr. acredita que a Igreja Católica admitirá o sacerdócio sem celibato?
Charamsa – Isso certamente acontecerá. Diferente da igreja latina, na oriental um padre pode escolher ser celibatário ou casado. Celibato não é uma verdade de fé, é uma disciplina, uma imposição. Vamos em direção a um celibato opcional, muito mais saudável.
BBC Brasil – No Brasil, o Congresso discute o Estatuto da Família, que delimita o conceito de família para homem, mulher e filhos. Até que ponto a igreja influencia discussões desse tipo?
Charamsa – A igreja é uma autoridade mundial e em países latino-americanos sua influência é muito forte, mas pode ser fonte de profundo sofrimento. A igreja tem a ideia falsa de que homossexuais não podem formar família. Acredita que só buscam sexo. Isso é horrível. Não somos maníacos que buscam prazer sexual, somos humanos que buscam amor.
BBC Brasil – Nos últimos anos, a Igreja Católica no Brasil tem perdido fiéis para outras igrejas. Qual o desafio diante desse êxodo?
Charamsa – No Brasil, algumas comunidades evangélicas deram um passo importante para entender os homossexuais. Na Europa, entre anglicanos e evangélicos, já há um pensamento mais adequado sobre homossexualidade. A ética sexual necessita de uma profunda revolução, adequada a uma nova consciência de humanidade e sexualidade.
BBC Brasil – O senhor disse que lhe emocionaram as palavras do papa Francisco, voltando de uma viagem ao Brasil, quando afirmou: "Quem sou eu para julgar um gay?". Por que lhe marcou?
Charamsa – Estou muito agradecido ao papa Francisco, ele é um verdadeiro homem de Deus. As pessoas veem sua transparência, sua verdade, querem escutá-lo. O papa Francisco disse essa frase, mas na igreja há uma instrução de 2005 que julga todos os gays e contradiz suas palavras.
BBC Brasil – O senhor escreveu ao papa para explicar a declaração que faria. Acha que ele vai responder sua carta?
Charamsa – Não sei. Mas comuniquei ao papa Francisco meu estado de ânimo, de alma, de coração. Pedi que a reunião de bispos que ele preside possa discutir não somente a família heterossexual, mas todas as famílias.
BBC Brasil – Acha que a igreja vai proibi-lo de exercer o sacerdócio?
Charamsa – Sim, é possível.
BBC Brasil – Que planos o senhor tem? Pensa ser ativista dos gays católicos?
Charamsa – Ainda não sei, mas penso servir os valores da minha vocação. Sou um padre chamado por Deus como homossexual. Quem viveu tanto tempo no armário precisa de uma palavra de aceitação, esperança, reconhecimento de sua dignidade. Esta é a mensagem do cristianismo: o que podemos dar a esse mundo senão o amor?
Fonte: Portal G1